Dentro il Bianco

 

Dentro il Bianco

thriller, 2018

Quando non si sa che strada prendere, può accadere che sia la vita stessa a indicarcene una. È quello che accade a Claudia De Angelis quando in un momento confuso della sua esistenza, riceve una richiesta d’aiuto da parte di una sua cara amica. Non esita a prendere un volo e a raggiungerla ad Oxford. Il compagno di Gaye è stato trovato morto nel fiume che attraversa la città inglese e lei è convinta che le indagini della polizia siano superficiali e seguano una pista errata. L’unica alla quale non esita di esternare i suoi dubbi è Claudia che è anche ispettrice di polizia.

In Inghilterra, Claudia arriva alle stesse considerazioni e decide di cercare la verità. Tra ricettatori, luoghi misteriosi e pericoli si snoda quella che diventa una corsa contro il tempo. C’è in gioco, non solo la ricerca di un colpevole ma la salvezza di vite innocenti. Dentro il bianco si sviluppa come un thriller in cui quella che potrebbe essere l’ultima avventura di Claudia si rivela un continuo gioco al rilancio scandito dal ritmo lento delle nevicate e quello cadenzato dei momenti di suspance.


Primo Capitolo

Bianco era il mondo tutto intorno, bianco si riconosceva il cuore nell’ascoltare i propri battiti, bianco appariva il pensiero sul futuro. Bianco, colore dell’assenza, della sosta, della sospensione.

La lentezza con cui tetti e strade si ricoprivano di soffice neve era la stessa con cui svanivano i pensieri nell’anima sbiadita. Il silenzio prepotente, dominava ogni spazio e metteva in rilievo l’importanza delle piccole e scontate entità di un mondo vissuto troppo in fretta. Il bianco ferma. Per forza. I fiocchi di neve erano scesi per tutta la notte, adagiandosi con dolcezza l’uno sull’altro, fino a creare una soffice coltre di mezzo metro. Le forme tondeggianti in risalto erano abbracciate dal freddo. È così che comparivano alla vista del panorama: il campanile, le chiome degli alberi, la linea dei rami, la curva delle panchine, il percorso del fiume gelido e nascosto tra i cespugli sommersi dai cristalli di neve. Il bianco aveva sommerso ogni cosa e nello stesso tempo riportato alla luce la semplicità del mondo fuori. Il bianco aveva chiuso le persone in casa, cullate dal silenzio e dal buio. Un black out aveva lasciato la città senza elettricità e al mattino qualche zona era ancora senza corrente. La moka era sul gas, l’aveva portata da casa perché senza del buon caffè italiano non ce l’avrebbe fatta. La donna aveva appena finito di mordere una fetta di pane tostato insaporita da burro e marmellata e, raccolta in una coperta blu di pile che teneva sulle spalle, fissava la candela sul tavolo, consumata e spenta, giunta anch’essa al limite. Il bianco azzera. Bianca era la cera. Davanti alla finestra, posando la mano sul vetro appannato, finì per scoprire la sorpresa di quell’inizio di giornata. D’istinto la spalancò, con un sorriso sulle labbra si affacciò mentre fiocchi bianchi cadevano sul suo viso sferzato dall’aria gelida. Bianca era l’anima di chi aveva cancellato ogni ricordo, annullato ogni sensazione e non aveva più occhi da posare sul passato né sul futuro. Bianco come atarassia. In quel momento rientrò chi le aveva concesso un tetto. “Claudia, buongiorno! Hai visto la neve?” “Sì!” “È fantastica!” “Ma dove sei stata?” “Ero curiosa e sono uscita a comprare del latte!” “Da te non nevica mai?” “Dipende dalle zone… ad Istanbul no.” “Allora, quando smetterà di nevicare, dobbiamo fare una passeggiata. Ok?” Occhi scuri e lineamenti sensuali, capelli castani e mossi con un ciuffo che le cadeva sulla fronte, pelle chiara, Gaye era una giovane turca, con la capacità di sorprendersi di tutto, il desiderio della scoperta e una gran voglia di vivere. Nel suo Paese aveva aperto da circa un anno un bar molto caratteristico, diventato in poco tempo un punto di ritrovo in centro dove spesso organizzava eventi culturali, incontri con scrittori, esposizioni di opere di vari artisti, serate musicali. La fortunata affluenza di gente nel suo locale, le aveva dato la possibilità di conoscere molte persone, tra le quali un famoso gioielliere. Era un tipo molto particolare, amava gli affari e le belle donne. Nel locale di Gaye, affari poteva farne facilmente; la gente quando è rilassata davanti a un bicchiere è molto più disponibile e portata a concedersi regali. Quanto alle donne, gli bastò vedere Gaye la prima volta per decidere di tornarci ancora. Lei invece, aveva in testa solo il business del suo locale. Era agli inizi, non poteva permettersi passi falsi e da mattina a sera pensava solo al lavoro, a organizzare eventi che attirassero l’interesse di quanta più gente possibile. Cominciò a considerare l’idea di un’asta di diamanti e gioielli antichi, dato che diversi clienti erano persone che amavano le belle cose, di lusso e ricercate. Ismail Kaya era la persona giusta. Allora Gaye non poteva immaginare quello che l’inizio di questa collaborazione avrebbe significato, non poteva sapere dove l’avrebbe portata. Nel pomeriggio Claudia e la sua amica si coprirono per bene e affrontarono il freddo fuori, troppo affascinate dall’idea di vivere il centro sotto la neve. Scelsero la torre di Carfax, che si ergeva all’incrocio tra High Street, St Aldate, Cornmarket Street e Queen Street, come luogo per vedere la città imbiancata. Oxford che il poeta Matthew Arnold definì la “città delle guglie sognanti” era una città che emanava un senso tetro ovunque, un lato noir che emergeva non solo dietro le guglie ma anche oltre le mura dei college, per le strade grigie e in quelle tombe disseminate qua e là, perfino nei giardini tra le panchine dove sostava la gente. Il cielo inglese non si concedeva alla luce, il celeste misto al grigio di una campana di vetro su una realtà fantasma, dove tutto sembrava troppo preciso, perfetto. Dall’alto della torre, gli sguardi delle due donne si perdevano all’orizzonte in un percorso circolare tra gli edifici gotici e barocchi, gli ampi giardini, collegati tra loro come labirinti, intorno ai famosi college racchiusi e protetti da alte mura come posti intimi e segreti. Starbucks era il locale preferito di Gaye e Claudia dove potevano bere qualcosa di caldo e chiacchierare su comodi divanetti tra ragazzi e ragazze che come loro amavano ritrovarsi lì per studiare, leggere, incontrarsi. Ma soprattutto, quello che Claudia amava di più era quel melting pot di persone provenienti da mondi diversi, giapponesi, islamici, europei uniti semplicemente dal pretesto di un caffè. Un po’ come lei e Gaye. Due mondi opposti eppure così in sintonia. Peccato che a riunirle, stavolta non era stata nessuna situazione spensierata. Due settimane prima Claudia aveva ricevuto una e-mail dalla sua amica turca, che non sentiva da tanto tempo. All’inizio fu felicissima poi, leggendo il contenuto, fu assalita da un senso di preoccupazione. Gaye le raccontava una storia assurda e le chiedeva aiuto. Claudia, che in quel momento della sua vita non sapeva da dove iniziare ad aiutare se stessa, si sentì in seria difficoltà. Si prese un giorno di tempo e nonostante le rigide temperature di novembre, non rinunciò alla sua corsa sul lungomare pesarese, annullò i pensieri con la musica sparata a tutto volume nelle orecchie e quando rientrò in casa accese il pc per prenotare il primo volo per Londra. E altri tre giorni di tempo per prendere un permesso dal lavoro, quel lavoro che tanto non sapeva più se voler continuare, per sgombrare quella casa di tutte le sue cose, aprire una valigia e riempirla solo del necessario. Il giorno della partenza, attraversò il giardino, chiuse il cancello, lasciandosi alle spalle tutto il dolore e le domande, mentre gli occhi neri si inumidivano di lacrime. Dopo quel momento il bianco s’impadronì di lei. Il bianco dei pensieri annullati. Il bianco della non presenza. Il bianco di una pagina nuova da colorare.
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‘Un romanzo nasce da un’energia interiore fatta di ricordi e osservazioni esterne, dai momenti quotidiani e dall’ascolto. Nasce da un’esigenza vitale, come mangiare e dormire.’

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